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Mettere un punto può significare tutto come non può valere nulla. Dipende dalla prospettiva con cui si guarda. Una minuscola sfera di inchiostro, che chiude una frase, che dà il via a una nuova, che rappresenta una macchia in un foglio immacolato. Mettere più puntini uno vicino all’altro è sospensione, riflessione. E’ come lasciare il posto all’immaginazione , perché spesso le parole non bastano, perché a volte trattenere il fiato è più emozionante del respirare a pieni polmoni.

E’ così che capita che mettere un punto diventa una scelta felice. Chiudere il capitolo, andare avanti, oltre. Ciò non significa che quello che lo precede sia triste, infelice, doloroso o sofferente. Quello che abbiamo concluso può essere solo un traguardo raggiunto e si ha voglia di iniziare nuove sfide, nuove avventure.

Il punto, però, non è solo un punto. Diventa interrogativo se nella nostra testa viaggiano quesiti che ci spingono ad andare oltre ciò che stiamo vivendo, oltre le nostre emozioni, oltre le nostre paure. O diventa esclamativo quando un’affermazione diventa il nostro nuovo stile di vita. Uno sopra un altro e diventano i due puntini. Quelli per raccontare.

Procediamo a gradi, tuttavia ci capita di salire gli scalini due a due, o di tornare indietro. Inevitabilmente procediamo ugualmente, perché anche fare un passo indietro è camminare.

In questo frullato mattutino, non so per voi come sia, ma il mio punto fermo è sempre il punto interrogativo.

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Autore: Incompagniadiunapenna