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Gianfranco Ferré, stilista italiano, esponente del made in Italy e fondatore della Gianfranco Ferré Spa. Nacque il 15 agosto 1944 a Legnano (Milano), primogenito di Luigi e di Andreina Morosi. Nonostante le difficoltà del periodo di guerra, fu allevato in un ambiente familiare medio-borghese, sereno e accogliente, che aveva la sua forza nei legami e nella solidità delle proprie radici.
Il padre Luigi aveva ereditato una piccola impresa per la produzione di macchine utensili; la madre, Andreina, originaria di Cremona, lasciata la gestione di un negozio di generi di monopoli, decise di occuparsi a tempo pieno della casa e della famiglia. Ben presto, nell’estate del 1947, arrivò Alberto, con cui Gianfranco condivise giochi, vestiti con le braghette, amicizie e passioni. In casa Ferré vigeva una rigida educazione cattolica e l’osservanza delle tradizioni, che si coniugavano al senso del dovere e della misura:
era – spiegava Gianfranco – la cultura morale del rispetto per gli altri […]. E una certa eleganza del vivere. L’argenteria in tavola, per me, non è una snobberia, ma qualcosa che sono sempre stato abituato a vedere
Durante il periodo delle scuole elementari, dopo aver terminato i compiti, Ferré aveva l’abitudine di scappare in bicicletta dalla zia Adele, sorella del papà, che in casa confezionava abiti per le signore legnanesi: le dava una mano nelle operazioni di cucito, si occupava della consegna degli abiti alle clienti e respirava eleganza e libertà. La Legnano di quei tempi è
una città piccola, ma solida, vivibile […] È in ‘provincia’ senza dubbio. Ma lo è nel senso migliore del termine
Con gli studi al liceo scientifico Galileo Galilei cominciò anche il tempo delle amicizie, delle feste domenicali e delle gite scolastiche. Ferré, a soli 15 anni, aveva vinto il premio pittura della Famiglia Legnanese con un dipinto a olio: il quadro che rappresenta una visione stilizzata della città industriale è l’unico dipinto mai realizzato dallo stilista. Nel 1960 venne a mancare prematuramente papà Luigi e, di conseguenza, Andreina e i suoi due figli si trasferirono in casa delle zie Rina e Virginia, sorelle di Andreina, in via De Amicis, per vivere tutti insieme e provvedere collettivamente alla crescita dei ragazzi. Nonostante il lutto, le sorelle Morosi continuarono, con rigore e meticolosità, a mantenere le abitudini ormai consolidate, a partire dalla cura della casa e della buona cucina. Terminato il liceo, nel 1963 Ferré decise di iscriversi alla facoltà di architettura presso il Politecnico di Milano, iniziando a frequentare da pendolare la città meneghina; la sera soleva tornare in treno a Legnano, a casa dalle ‘mamme’, come chiamava la mamma e le zie.
Nella cerchia dei suoi compagni di studi (che divennero i suoi ‘amici di sempre‘) si fece subito notare per la sua propensione a disegnare la figura umana, arte che in realtà aveva appreso da solo dopo il liceo con metodo ed esercizio, e a dispensare alle amiche consigli sull’abbigliamento e le acconciature.
Laureatosi in Architettura al Politecnico di Milano nel 1969, discutendo una tesi sulla “Metodologia dell’approccio alla composizione”. Accanto agli studi universitari, Ferré in questi anni esprimeva la sua volontà di sperimentazione disegnando bijoux e cinture realizzati nel garage di casa dal fratello Alberto con materiali insoliti, provenienti da negozi di ferramenta e utensileria: allo studio delle forme degli oggetti, aggiungeva la ricerca delle potenzialità intrinseche dei materiali (cuoio, metallo, plastica). Ferré ne faceva omaggio alle amiche e alle compagne di studi e ben presto cominciò il tam tam intorno a quei gioielli, tanto innovativi e fantasiosi. In quello stesso periodo, per una serie di coincidenze, Ferré conobbe Rosy Biffi, proprietaria insieme alla sorella Adele di boutiques a Milano che, in collaborazione con il marito Franco Limonta, divenne artefice della «nascita del Maestro come stilista». Esperte conoscitrici della moda e dei suoi protagonisti, le Biffi riconobbero immediatamente in quelle prime creazioni di Ferré un vero talento stilistico, tanto che decisero di introdurlo nel mondo della moda: gli presentarono la marchesa Ileana Pareto Spinola e Anne-Sophie Benazzo, entrambe operanti nel settore, le quali proposero i gioielli di Ferré ad alcuni buyers e all’attenzione di giornaliste di moda come Anna Riva e Anna Piaggi, mentre furono pubblicate (anche in copertina) fotografie di alcuni gioielli su riviste come Arianna, Grazia, Linea italiana.
Continuando nel loro intento, le Biffi si adoperarono a mettere in contatto Ferré con lo stilista più innovativo e d’avanguardia del periodo, Walter Albini, e Christiane Bailly, sua collega francese. Ne nacque una proficua collaborazione: Ferré si occupò dapprima della biblioteca e dell’archivio dello stilista e, in seguito, disegnò gioielli e accessori per le sue collezioni. Nel frattempo si cimentava anche come architetto, disegnando mobili, arredando appartamenti e negozi, registrando che
quello era il tempo in cui un giovane architetto diventava arredatore. In quegli anni, un’intera generazione è stata messa in fuga dallo spettro dell’interior design: abbellimento e decorazioni di ville, appartamenti, mansarde per un ceto con più denaro che idee. Un’incongruenza insostenibile, per me, dal momento che fermamente credo che ognuno deve farsi la sua casa, specchio di sé e accumulo della propria vita
Nel 1972 Ferré decise di affittare uno studio-casa a Milano, città che diveniva sempre più capitale del design e della moda, e cominciò a collaborare con la Impermeabili San Giorgio, azienda storica fondata a Genova nel 1933 da Ariodante Borelli. Il figlio del titolare, Giorgio Borelli, responsabile del comparto casual dell’azienda, affidò a Ferré la linea Ketch, abbigliamento giovane e sportivo, la cui produzione, per abbattere i costi, veniva realizzata in India. A Ferré spettava, oltre alla progettazione della linea, la supervisione e il controllo di tutto il ciclo di produzione, dalla creazione dei tessuti alla confezione dei capi. Fu l’occasione per visitare l’India, studiando e censendo le svariate realtà di artigianato tessile di tipo tradizionale, anche in collaborazione con il governo di Nuova Delhi, nella prospettiva di migliorare e sviluppare in senso industriale i processi di produzione, grazie all’utilizzo della tecnologia.
L’India fu la prima vera esperienza vissuta lontano dal suo ambiente; attraverso il subcontinente indiano venne a contatto con un mondo completamente sconosciuto, dal quale rimase stregato, una lezione di vita e di stile:
Credo di poter dire che il mio stile senza l’Oriente sarebbe stato profondamente diverso, … osservando le donne indiane drappeggiate nei loro sari […] ho visto che svolgevano i lavori più umili e faticosi, conservando una regalità assoluta. Questo mi ha insegnato, tra l’altro, quello che chiamo il ‘senso del corpo’ ovvero la sua fisicità e i suoi movimenti come elementi di riferimento cui concedo priorità assoluta nel processo di costruzione dell’abito. La lezione dell’Oriente mi ha permesso di ricalibrare il principio del lusso e dell’opulenza, non legandoli, ma puntando invece a eliminare il superfluo, l’orpello, la ridondanza
Nel 1973 Ferré conobbe Franco Mattioli, un imprenditore bolognese, un ‘industriale puro’, che nel 1958 aveva fondato, insieme a sua moglie, la ditta d’abbigliamento Dei Mattioli: con intuito imprenditoriale gli affidò subitamente il restyling di Baila, una delle linee prodotte dalla sua azienda.
Nello stesso periodo mantiene rapporti di collaborazione e di consulenza per gli accessori con nomi già affermati, come Walter Albini e Christiane Bailly e rapporti di consulenza stilistica con aziende di maglieria e costumi da bagno, che sfilano per la prima volta nell’ambito di “MareModa Capri” e gli fanno meritare il premio che inaugura la serie dei riconoscimenti ottenuti nella sua carriera.
Dal 1974, la prima collezione e prima sfilata per Mattioli che, nel 1978, diventerà suo socio, prêt-à-porter femminile Baila by Ferré. Grandi applausi sancirono il gradimento di questa prima sfilata, mentre la stampa stigmatizzò la proposta di Ferré come «troppo rivoluzionaria»: protagonisti della sfilata furono le camicie bianche (le sue creazioni per eccellenza) e abiti comodi per il giorno e belli per la sera.
Nello stesso anno Ferré disegnò, per la Impermeabili San Giorgio, i capi della collezione di prêt-à-porter Courlande. Il suo eccezionale talento cominciò a esprimersi nella creazione di capi realizzati in materiali diversi ed eterogenei: lycra, jersey, pelli, lana e filati. Nel 1976 cominciò a collaborare con il Maglificio di Vignola, di proprietà dei fratelli Giacomo e Paolo Bizzini, disegnando maglieria, e con La Matta, per capi in pelle. Debuttò, sempre nello stesso anno, nel settore della pellicceria: la famiglia Trione di Bari, che vantava ottant’anni di esperienza nel settore, decise di affidare al giovane architetto Ferré la direzione creativa della linea Trifurs. Fu un enorme successo e la feconda collaborazione tra Trione e Ferré proseguì per ben cinque anni.
Nel maggio del 1978 viene fondata la società “Gianfranco Ferré” con l’imprenditore Mattioli. Nell’ottobre dello stesso anno la prima sfilata di prêt à porter femminile, che si svolge all’Hotel “Principe di Savoia” di Milano. La prima omonima collezione donna, i cui abiti in tessuto furono confezionati dai Dei Mattioli, quelli in maglieria dal Maglificio di Vignola, mentre i modelli in pelle furono realizzati da La Matta. I vestiti vacanza, sui toni del blu, suscitarono grande interesse ed eccezionale risonanza sulla stampa. Alla sfilata erano presenti Beppe Modenese, promotore di moda, arbiter elegantiarum, e Rudy Crespi, editore e fondatore di una prima agenzia di PR a New York: entrambi contribuiranno al lancio e al posizionamento del brand Ferré nel mondo internazionale della moda. Nello stesso anno nacque la seconda linea, Oaks by Ferré, di abbigliamento informale, presentata alla Fortezza da Basso a Firenze, la cui produzione e distribuzione furono affidate a Omino di Ferro, ditta di Casorate nella provincia pavese. Intanto, tra il 1978 e il 1979, Ferré si occupò anche del lavoro creativo per la realizzazione di capi con filati Zegna Baruffa, che sfilarono alla manifestazione internazionale Pitti Filati a Firenze. Gli abiti non potevano non essere accompagnati da linee di accessori (scarpe, foulards, valigeria, lingerie, beachwear, intimo uomo e donna) e nuove licenze.
Al lancio dell’abbigliamento maschile nel 1982 ed alla creazione di una gamma articolata di accessori e prodotti realizzati su licenza in collaborazione con numerose aziende leader nei rispettivi settori merceologici si aggiunge, nel 1986, l’esperienza dell’Alta Moda, con sfilate a Roma, per sei stagioni. I completi, dell’abbigliamento maschile, erano confezionati dalla ditta Redaelli di Verano Brianza, le cravatte realizzate dall’azienda familiare comasca Mantero Seta, i capi in pelle (chiodi, bomber…) da La Matta, i pullover di Maglificio di Vignola e le camicie di Boulevard di Novara. La scelta di puntare sull’abbigliamento maschile fu dettata sia da una ragione espressiva,
disegnare per l’uomo significa, a mio parere, gettare sulla carta un’idea spontanea per poi analizzare, controllare, verificare, pulire, riducendo agli elementi di base
sia per aiutare gli uomini a
intervenire sul loro aspetto, esprimendo qualcosa di loro che non gli è imposto: né dalla tradizione né dagli stilisti.
Se il suo stile personale restò immutabile e radicato nel tempo – era quasi impossibile incontrare Ferré senza il suo impeccabile completo, giacca, panciotto e fazzoletto da taschino (immancabili, i gemelli e la spilla) – per l’uomo Ferré progettò nel tempo un abbigliamento che esprimesse la sperimentazione dei tessuti e delle linee nella continuità dell’eleganza e della tradizione sartoriale, sempre alla ricerca del comfort e della qualità.
Nel 1983 partecipa alla elaborazione del piano didattico della nascente “Domus Academy”, Scuola postuniversitaria di Design, Design management e Fashion Design dove, fino al 1989, dirige il corso “Design dell’abito”: analisi delle problematiche di progettazione dell’abito e delle connessioni con i mutamenti della moda e analisi dell’iter progettuale.
Nella creazione di abbigliamento casual non poteva mancare il jeans, la ‘vera invenzione della moda del nostro secolo‘: nel 1983 Ferré disegnò la prima collezione Gianfranco Ferré Jeans, prodotta e distribuita da Italiana Manifatture spa, nata a San Benedetto del Tronto nel 1972 dalle esperienze imprenditoriali della famiglia Castelletti.
Alcuni modelli e disegni furono esposti nella mostra Italiana 1920-1980 al Museo Daimaru di Osaka, e a novembre Ferré fu selezionato come uno dei cinque migliori stilisti dell’anno dal quotidiano nazionale Asahi Shimbun e dalla rivista WWD Japan. Durante i viaggi per lavoro, gli capitava spesso di tenere lezioni nelle scuole più prestigiose del mondo, cercando di trasmettere un metodo. Questa passione per i giovani e per l’insegnamento si espresse compiutamente nella partecipazione alla fondazione, nel 1983 a Milano, insieme a Maria Grazia Mazzocchi, Ampelio Bucci ed Ezio Manzini, della Domus Academy, scuola postuniversitaria votata al design e alla moda, diventando docente di design dell’abbigliamento dal 1984 al 1989.
Il 1984 fu l’anno di creazione del primo profumo Gianfranco Ferré per donna – nel 1986 realizzerà una versione anche per uomo, mentre nel 1991 aggiungerà Ferré by Ferré –, affidato alla Diana De Silva Cosmetiques, e della prima collezione di occhiali omonima, nata grazie al sodalizio tra la maison Ferré e il gruppo Safilo. Fu anche l’anno della prima collezione di abiti da sera, preludio all’alta moda, Gianfranco Ferré Night, che sfilò nelle sale del museo Cooper Hewitt di New York.
Esprimendo la creatività a trecentosessanta gradi, nel 1984 si cimentò nella ideazione di manufatti di design: un tappeto per la ditta piacentina Sisal, in occasione del Salone del Mobile di Milano, e i ‘vestiti‘ per divani e poltrone, della serie Gli abiti, disegnata da Paolo Nava, per l’azienda B&B Italia. Nel 1985 collaborò al progetto promosso da Renault Italia, SuperCinque RenArt, in cui artisti e architetti, come Alessandro Mendini, Mario Merz, Ugo Nespolo, Michelangelo Pistoletto, Paolo Portoghesi, Franco Maria Ricci ed Ettore Sottsass jr, interpretarono liberamente l’utilitaria francese Renault Supercinque;
nel 1999 partecipò alla realizzazione e al lancio di F&F, ideando un nuovo packaging per il Brunello da Montalcino Riserva 2000, prodotto da Marchesi de’ Frescobaldi; nel 2002 aderì all’iniziativa promossa da Poste Italiane per l’emissione di francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica Design italiano.
Il 1986 fu un anno decisivo nel suo percorso creativo: spinto da una esigenza interiore, realizzò la prima collezione Gianfranco Ferré Alta Moda, presentata nei giardini del Casino dell’Aurora di palazzo Pallavicini Rospigliosi, che donò linfa nuova e lustro alla Settimana della moda di Roma. Alcuni capi della collezione Autunno/Inverno 1986-87 sfilarono, in conclusione della Settimana, sulla scalinata di Trinità dei Monti in piazza di Spagna, partecipando alla prima edizione della manifestazione Donne sotto le stelle, trasmessa su RAI Uno. L’approdo all’alta moda fu in effetti un naturale proseguimento dell’operare nel prêt-à-porter, pur nel rispetto delle specificità dei percorsi espressivi e delle diverse abilità lavorative di ciascun ‘campo d’azione‘:
facendo l’alta moda – spiegò – ho imparato tante cose: c’è stato uno scambio, con le premières con cui ho lavorato, e che lavoreranno per me, in maniera superba. Io ho portato la mia esperienza del prêt-à-porter, loro quella dell’alta moda: quindi dell’alto artigianato, dato che i capi sono tutti finiti a mano, interamente cuciti a mano
Insieme a Roberto Capucci, Fendi, Genny e Nicola Trussardi, firmò i costumi della serata-evento, Questa è l’Arena, qui è nata Maria Callas, un kolossal inventato e realizzato da Pier Luigi Pizzi all’Arena di Verona, il 17 giugno 1986, trasmesso in diretta e in eurovisione su RAI Uno. Grande attenzione dedicò anche alla creazione di accessori con l’ideazione della prima collezione di orologi Gianfranco Ferré Montres, dalla cassa snodata, prodotta e distribuita da Class.
Nel 1987 Ferré firmò l’accordo con il Gruppo Marzotto per la produzione e distribuzione delle linee Studio 000.1 by Ferré uomo e donna e con la Filatura e Tessitura di Tollegno per la nascita della linea Ferré Lana Gatto. Attraverso la rigorosa scelta dei materiali, l’altissima qualità di stile e di lavorazione, nacque nel 1988 la prima collezione di pellicce Gianfranco Ferré Fourrures, grazie alla collaborazione vincente con la ditta milanese Mondialpelli.
Nel 1989, continuando a disegnare nuove linee e manufatti, diede vita alla prima collezione Forma O by GFF,
abbigliamento femminile per taglie forti, sempre prodotta e distribuita da Marzotto, alla collezione Autunno/Inverno 1989-90 per Lana Gatto, che sfilò a Firenze durante Pitti Filati e alla prima collezione di ceramiche, realizzate da Panaria Ceramiche, brand del distretto ceramico modenese.
Nel maggio del 1989 Gianfranco Ferré venne nominato Direttore Artistico della Maison Christian Dior. L’incarico presso Dior viene riconfermato nel 1993 sino al 1996. Il grande debutto, la prima sfilata di ottanta modelli della nuova casa Dior, avvenne il 22 luglio 1989 nei giardini della palazzina della Fondation Salomon Rothschild, al cospetto di novecento invitati, e fu un mirabile trionfo. Parigi e la stampa francese capitolarono e cominciarono ad apprezzare potentemente Ferré e la sua arte, definendolo «una stella», la «furia italiana», «il gigante milanese che riprende la fiaccola Dior». La consacrazione fu completa con l’assegnazione, da parte di una giuria di giornalisti internazionali patrocinata da Helena Rubinstein, del prestigiosissimo premio De’ d’or per la migliore collezione di haute couture. Tale incarico fu solennemente rinnovato nel 1993 per altri tre anni. Dall’inizio dell’avventura parigina, Ferré non abbandonò mai né Milano né la sua maison: fu infatti denominato dalla stampa americana «The tailor of two cities», evidenziando il suo «pendolarismo creativo – ma anche fisico e geografico – tra Milano e Parigi».
Nel solco di uno spiccato impegno civile, Ferré supportò nel 1992, insieme a Giorgio Armani e Valentino, il progetto di Gianni Versace, Convivio, una mostra mercato per raccogliere fondi a favore dell’Associazione nazionale per la lotta contro l’AIDS.
Nel 1991, oltre a ideare una collezione di oggetti da scrittura, creò la prima linea di biancheria per la casa, I Corredi, realizzata e distribuita dalla storica ditta di tessuti Bellora, nata nel 1883 a Fagnano Olona. Nel 1993, dalla collaborazione con la ditta milanese Ombrelli Lanzetti, nacque la prima collezione di ombrelli che completarono la lista degli accessori. Insieme a Valentino, partecipò a maggio del 1993 al primo evento cinese di moda, Chic ’93 a Pechino.
Nel 1993, a Firenze, nella Stazione Leopolda, tra vecchie e ormai storiche locomotive, Ferré darà vita alla sfilata di moda maschile, di gusto fortemente mediterraneo con predominanza del bianco e del grezzo, e inaugurerà la mostra La regola estrosa. Cent’anni di eleganza maschile italiana promossa dal Centro moda di Firenze e realizzata da Pitti Immagine. Le creazioni di Ferré ormai erano riconoscibilissime, sia dalle istituzioni culturali e museali, sia dalla gente comune.
Il 1996 fu l’anno in cui Ferré sperimentò la creazione di una nuova linea di abbigliamento casual per uomo e donna, la futuribile GIEFFEFFE/GFF, prodotta da Marzotto, mentre nel 1997, a dieci anni dal primo accordo con Marzotto, lanciò due linee nuove Gianfranco Ferré Studio per uomo e donna e Gianfranco Ferré Forma.
Nel 1996 curò inoltre l’ideazione delle linee Gianfranco Ferré Jeans e Gianfranco Ferré Sport, nate dall’intesa con Ittierre, la holding di Isernia con a capo Tonino Perna. Inoltre, con il gruppo Ittierre, realizzò nel 2003 una prima collezione GF FERRÉ, marchio che sostituirà GF Jeans e GFF.
All’ampliamento delle linee di abbigliamento, corrispose la creazione di una variegata galleria di profumi: GFF nel 1996 unisex, GFF Gianfranco Ferré uomo e donna nel 1997, Gianfranco Ferré 20 nel 1998 – in occasione dei venti anni di fondazione del marchio –, Ferré Pontaccio 21 nel 2000 per uomo. Nel 1997 Ferré disegnò il frac che Dario Fo indossò durante la cerimonia di premiazione dei premi Nobel a Stoccolma e la tunica nera con preziosi ricami cinesi per Franca Rame.
Vivendo da personaggio pubblico, difese comunque e sempre il suo diritto alla privacy, a mantenere fuori dai riflettori la sua sfera privata, calda e intima.
Nel 1998 un grande sogno di Ferré si trasformò in realtà, dando vita a una ‘casa’ che potesse raccontare se stesso; ex palazzo Gondrand divenne, grazie all’impegno creativo e alle risorse di Ferré, nonché del suo amico, l’architetto Franco Raggi, la Maison Ferré: 4500 m2, quattro piani per ospitare uffici e un gigantesco salone di circa 625 m2 con soffitti altissimi per organizzare sfilate di moda.
Il teatro e la danza affascinarono da sempre Ferré, che nel 1999, in occasione della Biennale Danza a Venezia, si sperimentò nella creazione dei costumi indossati da Carla Fracci per lo spettacolo Il tempo dell’acqua, e di quelli indossati da Patrick Dupond nel Le Ballet du Cadre Noir de Saumur, in scena al Palais Omnisports de Paris-Bercy. Nel 2001 per lo spettacolo Phoenix e nel 2003 per lo spettacolo Peccato che fosse puttana, in scena entrambi al Piccolo Teatro di Milano, mise a disposizione del regista Luca Ronconi gli abiti delle sue collezioni storiche. Modelli delle sue collezioni furono indossati nel film di Duccio Tessari Bitte laßt die Blumen leben (1986), mentre interpretò se stesso in Prêt-à-porter (1994) di Robert Altman e Catwalk (1995) di Robert Leacock.
Nel 2000 Ferré si occupò di abbigliamento per bambini disegnando la collezione Gianfranco Ferré, la cui produzione e distribuzione furono affidate alla ditta umbra Valtib; nel 2005 la collezione diventò GF Ferré Bimbo, linea di abbigliamento, prodotta e distribuita dalla storica azienda pugliese Mafrat, e di calzature della marchigiana Montelpare. I suoi capi, intanto, venivano esposti in mostre organizzate in tutto il mondo.
Frutto di un proficuo accordo con l’azienda di occhiali Allison, cominciato nel 2002 con la produzione e la distribuzione delle linee di occhiali Gianfranco Ferré, è stata la creazione della linea di occhiali al magnesio Ferré Pure Magnesium, nel solco della ricerca e della sperimentazione. Il manifestarsi di un improvviso ictus, proprio nel 2002, non arrestò minimamente il flusso creativo di Ferré che continuò a non risparmiarsi.
Nel 2002 la Società Gianfranco Ferré viene acquisita dalla IT Holding di Tonino Perna e Gianfranco Ferré ne diventa Direttore Artistico.
Nel 2003 Ferré tornò a un ‘amore di sempre‘, divenuto ora un progetto globale: nacque così una nuova linea di gioielli firmata Gianfranco Ferré, composta da una ventina di pezzi in vendita, in primis, nelle boutique Ferré di Milano, Parigi, New York. Il suo famoso fermacravatta, la safety pin, divenne l’emblema della sua collezione, un vero oggetto simbolico.
Invitato dall’associazione Dessine l’espoir, che si impegna in Africa ad aiutare bambini e donne vittime di esclusione, discriminazione o povertà, nel 2004 partecipò al progetto La mode dessine l’espoir, disegnando insieme ad altri trentacinque creatori di moda il prototipo di una lampadina, riprodotto in serie dalle donne africane. Un’ulteriore e rilevante declinazione del ‘progetto globale GF Ferré fu il lancio della nuova collezione di orologi per uomo e per donna prodotta e distribuita da Global watch industries.
Nel marzo 2007 Gianfranco Ferré è nominato Presidente dell’Accademia di Belle Arti di Brera.
Il 17 giugno 2007, Gianfranco Ferré muore a seguito di un’emorragia cerebrale. La Fondazione Gianfranco Ferré nasce nel febbraio del 2008 con lo scopo principale di conservare, ordinare e mettere a disposizione del pubblico il patrimonio di abiti, disegni, fotografie, testi, filmati ecc. che documentano l’attività professionale dello stilista, e anche con l’obiettivo di promuovere e svolgere attività che abbiano attinenza con aCquella che potrebbe essere definita la filosofia di Gianfranco Ferré, e cioè la sua concezione della moda, dell’estetica e della cultura progettuale.
una never ending story proiettata verso il domani – come Ferré amava definirlo – […] un cumulo di esperienze che serve per andare avanti, per continuare ad inventare, anche per migliorarsi sempre. È la memoria per il futuro
Autore: Lynda Di Natale Fonte: treccani.it, wikipedia.org, web