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Emilio Pucci è un’azienda italiana di abbigliamento che prende il nome dal suo fondatore.Appassionato sciatore e atleta, sempre in viaggio tra il regale palazzo di famiglia a Firenze, le montagne svizzere e l’affascinante isola vacanziera di Capri, Emilio Pucci rappresentava l’incarnazione ideale del glamour del jet-set nel dopoguerra, cosa che gli fruttò immediatamente il successo tra un gruppo di dinamiche e moderne signore.
La sua attività di disegnatore di moda decollò per caso: nel 1947, nel numero di dicembre di Harper’s Bazaar, – giornale che, nel dicembre del 1948, diffonderà le stampe della prima collezione sportiva della neonata azienda – , viene pubblicata la fotografia di Toni Frissel nella quale appare un “dashing gentleman” in un moderno completo da sci, pantalone affusolato e il parka con cappuccio. Quando fu pubblicata sul magazine illustrato, nell’ambito di un articolo sulla moda invernale in Europa, fu un successo immediato. L’episodio lo incoraggiò a creare e vendere vestiti da donna, aprendo la sua prima boutique a Capri, nel 1950 – lo stabilimento balneare della Canzone del mare nella baia di Marina Piccola – fu il trampolino di lancio di un percorso straordinario. Boutique dedicata ad un abbigliamento per le vacanze che univa semplicità e bellezza. Subito la sua produzione si contraddistinse per l’uso di colori brillanti e motivi vistosi e marcati, che tanto influenzarono la moda di quei decenni: coloratissimi e aderentissimi pantaloni “Capri”, camicie in twill di seta e top in jersey a righe.
Il nuovo concetto di prêt-à-porter firmato riscosse un enorme successo fra la sofisticata clientela dell’isola, entusiasta di avere finalmente accesso a una moda chic e portabile allo stesso tempo. Successivamente i suoi modelli furono premiati sulla scena internazionale dalle icone femminili del tempo. L’azienda, chiamata inizialmente “Emilio Sportswear” e in breve periodo ridenominata “Emilio Pucci“, produce i primi abiti, ancora quasi esclusivamente in seta – la collezione del 1959 venne stampata dal setificio Guido Ravasi di Como – furono richiesti al punto da convincere all’apertura di una seconda boutique a Capri, e di un atelier nel palazzo di famiglia, a Firenze.
Nel 1947, momento in cui prevale l'”Haute Couture“, Emilio Pucci elabora una nuova concezione di abbigliamento identificabile come “Sportswear” volto alla libertà del corpo tramite drappeggio del tessuto, forme semplici ed essenziali. In assoluto contrasto con gli stilisti della sua epoca, Pucci lavorava spinto dal desiderio di liberare le donne, concedendo loro una leggerezza nei movimenti senza precedenti. Abiti, pantaloni e top dai modelli essenziali e dalle linee fluide e sexy seguivano le curve naturali del corpo. Pur mantenendo un’allure di alto livello, i modelli Pucci si erano svincolati dalla scarsa praticità del peso, del volume, degli strati, e cosa più importante, dai costi elevati delle creazioni di alta moda.
L’idea di libertà è una costante per Pucci che rielabora il tema fino ad oggi. Quest’idea viene ripresa nei suoi tessuti: seta, organza, gabardina di cotone e mussolina. Pulsanti forme organiche, motivi geometrici che sembravano imitare le forme dell’arte contemporanea, ma erano in realtà ispirate agli scenari naturali familiari allo stilista: Siciliana (1956), Palio (1957), che si richiamava all’omonima corsa senese, e Botticelliana (1959), chiaramente ispirata all’arte fiorentina.Per la prima volta questi effetti ad illusione ottica venivano utilizzati nell’abbigliamento, con risultati di grande originalità, modelli che sarebbero stati oggetto di ripetute imitazioni negli anni a venire. Ogni stampa era firmata con il nome dello stilista, “Emilio”, una minuscola scritta a mano. Era la prima volta che il nome di uno stilista veniva utilizzato come logo.
Gli anni ’50 fu, anche, caratterizzato dall’amicizia di Giovanni Battista Giorgini, personaggio chiave per l’affermazione su scala internazionale di numerosi esponenti della moda italiana nel corso degli anni Cinquanta. Giorgini, nella sua veste di ‘agente d’acquisto’ di grandi magazzini americani e dunque da ottimo conoscitore della realtà statunitense, comprese che – per rilanciare l’attenzione sui prodotti dell’artigianato italiano e, più in generale, su un Paese ancora gravato da pesanti stereotipi (spaghetti, mandolino, mafia), la cui immagine era uscita fortemente incrinata dall’esperienza fascista e da una guerra perduta – occorreva un deciso salto di qualità. La lunga esperienza maturata Oltreoceano gli aveva poi messo di fronte uno scenario di mutamento del quale dover tenere conto: ritmi di vita più accelerati, donne sempre più impegnate in attività lavorative al di fuori dell’ambito domestico, costrette a utilizzare mezzi pubblici, a trascorrere parecchie ore fuori casa senza per questo rinunciare a un’esigenza di stile e di eleganza. Quello che occorreva era la disponibilità di un prodotto di moda attraente ma più semplice e meno sofisticato di quello offerto dai sarti parigini. Partendo da questa consapevolezza, che all’epoca apparve poco meno che temeraria, Giorgini lavorò all’organizzazione di un evento fiorentino da collocare immediatamente a ridosso delle presentazioni della moda francese a Parigi, irrinunciabile appuntamento mondiale per tutti gli operatori del settore, al quale fossero presenti sia case di alta sartoria che boutique impegnate nella realizzazione di prêt-à-porter (confezione pronta di lusso) in piccole quantità destinate alla vendita nelle località di villeggiatura all’epoca più in voga (Capri, Portofino, Positano).
L’azienda Emilio Pucci debutta ufficialmente, con una sfilata propria, nel primo evento italiano di presentazione di collezioni moda, organizzato il 12 febbraio 1951 da Giovanni Battista Giorgini a Firenze, presso Villa Torrigiani in Via dei Serragli. Partecipa nel 1952, con Roberto Capucci, Vincenzo Ferdinandi, la Sartoria Antonelli, l’atelier Carosa, Giovannelli-Sciarra, Germana Marucelli, Mirsa, Polinober, la Sartoria Vanna e Jole Veneziani alla prima storica sfilata presso la Sala Bianca di Palazzo Pitti a Firenze. Una giovanissima Oriana Fallaci inviata dal settimanale Epoca ne raccontò la cronaca. Con altre sfilate presso la Sala Bianca di Palazzo Pitti avvenne il lancio del made in Italy e – soprattutto – della moda di Firenze a livello internazionale. Per oltre quindici anni Pucci fu costantemente presente alle due manifestazioni annuali (invernale ed estiva) dell’Italian high fashion show che contribuirono non poco al suo successo internazionale.Fondata l’omonima azienda (Emilio Pucci) agli inizia degli anni cinquanta, tra i suoi primi successi vanno ricordati la linea di vestiti di seta stampata senza pieghe. Grazie a una stretta collaborazione con industrie italiane tessili specializzate, Pucci rivoluzionò il settore dell’abbigliamento, sperimentando per la prima volta la potenzialità e la libertà di movimento dei tessuti stretch. Sconfessando i modelli pesanti e rigidi che ancora predominavano negli anni ‘50, sviluppò e brevettò diversi tessuti originali, come il jersey di seta stretch e il jersey di cotone. Nel 1953, con la Legler, produsse nuovi velluti artificiali e sintetici per pantaloni sportivi e, con il cotonificio Valle Susa, il wally pliss – tessuto elastico composto da shantung di seta ed helenca – stampato. Nel 1954 brevetta un nuovo jersey in organzino di seta, realizzato dalla Mabu di Solbiate e dalla Boselli di Como mentre nel 1960 brevettò un tessuto elastico chiamato “Emilioform”, in helanca – fili di nylon elasticizzati – e shantung di seta. Tessuti che permisero a Pucci di creare modelli sfoderati, leggeri e a prova di grinze, precursori del guardaroba da viaggio contemporaneo. “The Prince of Prints” così viene riconosciuto per circa trent’anni dalla stampa del mondo anglosassone, inoltre nel 1954 gli viene assegnato “Neiman-Marcus Award“, il più prestigioso riconoscimento americano nel campo della moda, che lo consacrò come il sarto più in auge.
Gli anni Cinquanta, che gli avevano riservato grandi soddisfazioni, si chiusero idealmente con il matrimonio con Cristina Nannini dalla quale ebbe due figli: Alessandro (1959-1998) e Laudomia (1961).
Oltre ad aver influenzato notevolmente la moda contemporanea, l’eredità di Pucci rappresenta ancora oggi uno dei momenti fondamentali dell’origine dello stile “made in Italy”, una pietra miliare del concetto di abbigliamento sportivo in Italia.
Nel corso della sua vita ha applicato le sue creazioni ai campi più disparati, ricevendo sempre ammirazione e riconoscimenti, grazie al suo stile fresco ed elegante. Per tutti gli anni ’60 e ‘70 il marchio rimase all’apice della popolarità tra le donne americane più ricche ed eleganti. Molto popolare negli Stati Uniti, disegnò per esempio lo stemma per la tuta degli astronauti della NASA per la missione dell’Apollo 15; oppure disegnò le divise per le hostess, i piloti e il personale della compagnia Braniff International Airways che disegnò per sei collezioni, tra il 1965 e il 1977, colorate e assolutamente innovative rispetto al panorama di allora; in Italia disegnò le divise classiche dei Vigili urbani, con i lunghi guanti bianchi e gli elmetti ovali sulla divisa blu. Nel frattempo le attività di stilista si allargarono alla moda maschile, ai profumi.
Oltre ad accessori veri e propri (occhiali, etc) la produzione si espanse, attraverso diversi contratti di licenza, ad oggetti per la casa, quali biancheria – prodotta dalla Springmaid – di arredamento e complementari come vasi e bicchieri, tramite collaborazioni e licenze che, partendo dalla lingerie (per la Formit) si espande alla porcellana (con un accordo con la tedesca Rosenthal), includendo tappeti per la Dandolo y Primi in Argentina, penne per la Parker.
È il periodo di massima espansione dell’azienda, che arriva a contare 400 dipendenti. Nel 1966 venne lanciato il primo profumo, denominato Vivara, come una precedente stampa ispirata al mare mediterraneo, la cui fantasia sarà poi applicata anche a ceramiche e tappeti. Seguiranno altre fragranze, quali Miss Zadig nel 1974 e Pucci nel 1977, mentre nel 1968 l’azienda si aprì anche alla moda maschile tramite un accordo con Ermenegildo Zegna.
Negli anni settanta ed ottanta l’attività prosegue, seppure in maniera meno evidente rispetto ai decenni precedenti, anche con opere one-off di modifica di oggetti di massa o di design, come avveniva all’epoca.
È il caso della Continental serie Mark IV, prodotta dal 1977 al 1979, impegno che si trasforma in una vettura turchese con interni in pelle bianca. Superato un periodo di crisi negli anni ottanta, con la riduzione dei dipendenti, nella seconda metà degli anni ottanta, gli abiti di Pucci tornano alla ribalta.
Pucci ebbe un rapporto speciale con la città dei suoi antenati, Firenze, e nel Palazzo Pucci stabilì nel 1967, il quartier generale della sua casa di moda, dove infatti si trova tuttora. L’indirizzo stesso della maison, come pochi al mondo potevano vantare, era di per sé un vanto e rifletteva la sua origine nobile: “Marchese Emilio Pucci, Palazzo Pucci, Via de’ Pucci 6, Firenze“.
La fine degli anni Sessanta rappresentò la conclusione di un’epoca e l’inizio di un periodo segnato da crescenti difficoltà. La protesta e la ribellione giovanile del 1968 portarono al rifiuto del lusso e dell’eleganza. La ‘trasandatezza’ divenne una nuova forma di snobismo.
Tutti si potevano e si dovevano mettere tutto, ricordava Pucci con amarezza di quel periodo nel quale si doveva anche essere brutti, o sporchi per dimostrare che la vera personalità conta più dell’aspetto.
Dalla metà degli anni Ottanta la figlia Laudomia lo affiancò nella predisposizione delle collezioni, in un’impresa di cui aveva il pieno controllo nella forma di società a responsabilità limitata e con un laboratorio creativo da sempre collocato in un’ala del palazzo di famiglia – ubicato nel centro storico di Firenze.
Emilio si spense a Firenze il 29 novembre 1992. Nel 1998, il figlio Alessandro, morì in un incidente stradale sulla Pisa-Livorno-Firenze: la sua auto andò a sbattere contro un muretto di protezione, venne sbalzato fuori dal veicolo e travolto da una Ford Fiesta che sopraggiungeva. Nel 1992, il design degli abiti, passò alla figlia Laudomia Pucci. Le stampe di Pucci tornano alla ribalta nei primi anni ‘90.
Riacceso nuovamente l’interesse a livello internazionale per il marchio. Nel 2000 il gruppo francese LVMH (Louis Vuitton), acquistò l’azienda – rilevando la quota maggioritaria -, i diritti sul logo Emilio Pucci e sulle creazioni storiche, rilanciando la griffe nel mercato internazionale, sia tramite riletture dei disegni d’archivio (heritage) sia degli abiti che di oggetti per la casa come piatti e vasi, che attraverso l’assegnazione a nuovi stilisti del disegno di accessori (quali l’eyewear).
Il legame con il passato si manifesta con la valorizzazione del catalogo storico e la rivisitazione di modelli e motivi. Tra gli stilisti che vi hanno operato vi sono Stephan Janson, Julio Espada e Christian Lacroix, mentre nel 2006 a Lacroix è subentrato il designer inglese Matthew Williamson e a partire da novembre 2008 il direttore creativo della maison è Peter Dundas che lascerà la maison nel 2015, nello stesso anno viene nominato Massimo Giorgetti come direttore creativo.
Dopo New York nel 2012, il nuovo flagship store di Emilio Pucci è stato aperto nell’emblematica Avenue Montaigne a Parigi alla fine del 2013. Il negozio è un palazzo moderno, impressionante per grandeur e raffinatezza, progettato dall’architetto Joseph Dirand con l’ampio contributo del direttore creativo del marchio, Peter Dundas. Il pavimento è decorato con intarsi in marmo grigio e viola, che si ispirano alla stampa “Torre” della Maison. Le pareti sono rivestite da una varietà di velluti di seta colorati. Questo nuovo indirizzo è una sublime vetrina che riflette il dinamismo del marchio e la sua strategia di espansione commerciale a livello mondiale, dalle capitali internazionali della moda ai mercati emergenti.
Laudomia oggi si occupa dell’immagine complessiva della maison, che conta circa 50 boutique in località esclusive nel mondo e il cui fatturato viene realizzato al 60% tra Italia, Stati Uniti e Giappone.
Mio padre è stato un minimalista prima dell’avvento del minimalismo, un membro del jet set prima ancora che i jet volassero, uno scienziato prima che la tecnologia dei tessuti diventasse una disciplina, un provocatore per la sua modernità e audacia sartoriale. Per lui le stampe erano ritmo e movimento, e attraverso le stampe esprimeva un messaggio di contagiosa felicità.
Nel 2016 viene annunciata la decisione di spostare la sede dallo storico palazzo Pucci, in via dei Pucci 6 – da dedicare ad altre attività – a Milano in relazione al polo creativo e commerciale, ed a Bologna per l’area produttiva italiana.
Autore: Lynda Di Natale Fonte: emiliopucci.com, lvmh.it, treccani.it, wikipedia.org, web