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2010: Mario Monicelli, regista, sceneggiatore e scrittore italiano. Uno dei più celebri registi italiani della sua epoca, fu uno dei massimi esponenti della commedia all’italiana, che ha contribuito a rendere nota anche all’estero con film come Guardie e ladri, I soliti ignoti, La grande guerra, L’armata Brancaleone, Amici miei, Il marchese del Grillo. Tra gli avvenimenti che hanno segnato di più la sua vita c’è senz’altro il suicidio del padre, Tomaso Monicelli, noto giornalista e scrittore antifascista, avvenuto nel 1946. 1988, poco dopo la fine delle riprese de I picari, Monicelli ha un grave incidente stradale subisce la frattura di entrambi i femori, del bacino, degli avambracci e delle costole, ed è costretto a interrompere le sue attività per diversi mesi. La sua ultima compagna è stata Chiara Rapaccini. Quando si sono conosciuti lui aveva 59 anni e lei 19. Hanno avuto una figlia, Rosa, quando lei ne aveva 34 e lui 74. Nel 2007 dichiarava di vivere da solo, di non sentire la lontananza di figli e nipoti (pur avendoli). Ormai minato da un cancro alla prostata in fase terminale, a 95 anni, decide di togliersi la vita gettandosi nel vuoto dalla finestra della stanza che occupava nel reparto di urologia, al quinto piano dell’Ospedale San Giovanni Addolorata, dove era ricoverato. (n. 1915)2004: John Drew Barrymore, nato John Blyth Barrymore, attore statunitense, fa parte della famiglia Barrymore, costituita da molti attori, in particolare appartiene alla terza generazione. I suoi genitori erano John Barrymore e Dolores Costello. Nel 1958 ha cambiato nome per ricordare quello della nonna Georgiana Drew. Dopo gli esordi in televisione, avvenuti nel 1949, ha debuttato nei primi anni ’50 in alcuni film western. Negli anni ’60 si è dedicato nuovamente a ruoli per serie televisive. Dal 1952 al 1959 è stato sposato con Cara Williams. In totale si è sposato quattro volte. Dalla relazione con l’aspirante attrice Jaid Makò, ha avuto la figlia Drew Barrymore, anch’essa affermata attrice. Ha avuto anche altri tre figli prima di Drew, ossia John Blyth, Dolores e Brahma “Jessica” Blyth. Tutti e quattro i figli sono stati avuti da donne diverse. È morto a causa di un tumore. (n. 1932)
2002: Daniel Gélin, all’anagrafe Daniel Yves Alfred Gélin, è stato un attore cinematografico, teatrale e televisivo francese. Dopo diversi ruoli secondari in film , Gélin ottenne il suo primo vero ruolo da protagonista nel 1949 con Le sedicenni, film con il quale si affermò definitivamente come uno dei più interessanti giovani attori francesi, dotato di una maschera malinconica e tormentata, assai apprezzata dagli autori del filone “esistenzialista” in voga all’inizio degli anni cinquanta. Con la sua capacità di interpretare personaggi inquieti e problematici, Gélin si assicurò ruoli in film di prestigio. Nella seconda metà degli anni cinquanta, con l’affermarsi di nuovi interpreti legati alla Nouvelle Vogue, Gélin iniziò a diradare l’attività cinematografica per tornare a dedicarsi al teatro. Durante gli anni sessanta, Gélin fu attivo anche sul piccolo schermo. Dal primo matrimonio (1944-1954) con l’attrice Danièle Delorme, Gèlin ebbe un figlio, Xavier, nato nel 1946 e divenuto poi attore, produttore e regista cinematografico, morto nel 1999 per un tumore. Mentre era ancora sposato con la prima moglie ebbe una relazione con la modella Marie-Catherine Schneider, dalla quale ebbe, nel 1952, una figlia, Maria Schneider, che fu allevata dalla madre e che Gélin non ha mai riconosciuto, e che conquistò fama mondiale nel 1972 quale protagonista del film Ultimo tango a Parigi. Dal secondo matrimonio (1955-1968) con la modella Sylvie Hirsh, nacquero due figli, Manuel (1958) e Fiona (1962), entrambi divenuti attori. Un terzo figlio, Pascal, nato nel 1955, morì all’età di 14 mesi per un accidentale avvelenamento da farmaci. Nel 1973 Gélin si sposò per la terza volta con Lydie Zacks, da cui ebbe un’altra figlia, Laura, nata nel 1975. (n. 1921)
1998: Frank Latimore, attore statunitense. È conosciuto soprattutto per l’interpretazione del dottor Ed Coleridge nella soap opera televisiva I Ryan. Tra il 1976 e il 1979 prese parte anche alla soap opera Sentieri . Nel 1949 viene chiamato in Italia, per alcune produzioni cinematografiche e vi lavorerà per oltre 15 anni, interpretando personaggi come pirati, militari e avventurieri. In alcune pellicole, a inizio carriera, utilizzò lo pseudonimo di Frank Kline. (n. 1925)
1992: Il marchese Emilio Pucci di Barsento è stato un aviatore, stilista e politico italiano pluridecorato con tre medaglie d’argento al valor militare, fu un asso dell’aviazione nella specialità aerosiluranti.
Emilio Pucci, marchese di Barsento, nacque a Napoli il 20 novembre 1914, erede della nobile famiglia fiorentina dei Pucci. Primogenito di Orazio e di Augusta Pavoncelli, seguito l’anno successivo dal fratello Puccio e, più tardi, da Nicoletta (1921-2015). Il padre apparteneva a una delle più antiche e blasonate famiglie dell’aristocrazia fiorentina, quella dei marchesi di Barsento, e la madre, di estrazione borghese, proveniva da una famiglia di facoltosi commercianti di origine pugliese che – nella Napoli di fine Ottocento – aveva saputo conquistare una posizione economica di rilievo, testimoniata assai bene dalle residenze che la famiglia arrivò a possedere nella zona di Posillipo. Fu in una di queste ville, conosciuta come lo Scoglio di Frisio, che Orazio e Augusta trascorsero i primi anni di matrimonio e nacquero Emilio e Puccio. Dopo il trasferimento a Firenze fu Augusta, donna di carattere e dotata di notevole forza di volontà, a stabilire la residenza in una villa sulla via Bolognese, lasciando il centralissimo palazzo della famiglia, ubicato nella strada omonima, a disposizione della suocera, la nobildonna russa Barbara Narijshkin rimasta vedova di Emilio Paolo Pucci nel 1912. Emilio ricevette la tipica, rigida educazione poliglotta riservata ai rampolli dell’aristocrazia fiorentina sia pure in un ambiente segnato da decadenza economica. Al pari di altre grandi famiglie toscane la famiglia Pucci fu costretta, per mantenere uno stile di vita tipicamente ancien régime, all’alienazione di buona parte dei terreni nonché di diverse opere d’arte di grande valore.
Dopo la licenza liceale conseguita nel 1933 al liceo classico Galileo, Emilio Pucci si iscrisse alla facoltà di agraria, inizialmente a Firenze e successivamente a Milano, senza tuttavia completare gli studi. Il proposito inizialmente accarezzato di raccogliere la sollecitazione pervenutagli dallo zio Roberto, che lo aveva designato quale erede della tenuta di Granaiolo in Val d’Elsa, a divenire un proprietario terriero fu rapidamente accantonato di fronte alla ben più allettante prospettiva di proseguire gli studi universitari negli Stati Uniti dove si recò, nell’estate del 1935, dopo aver ricevuto una borsa di studio dall’Università della Georgia. Dopo pochi mesi, le scarse motivazioni per gli studi agrari lasciarono il posto ai nuovi interessi per le scienze politiche. Nel settembre del 1936, sorretto anche dal desiderio di conoscere altre parti degli Stati Uniti, approdò a Portland in Oregon. La sua ammissione al Reed College fu facilitata dalla passione per lo sci, che gli consentì, grazie a un posto di istruttore, di ottenere l’iscrizione con i vantaggi annessi (alloggio, mensa ed esenzione dalle tasse universitarie). Ottenuto il Master of arts in scienze sociali nel giugno del 1937, tornò in Italia solo nell’autunno di quell’anno dopo un lungo viaggio in Giappone, Cina e Malesia. A Firenze si iscrisse alla facoltà di scienze politiche Cesare Alfieri, dove si laureò nel 1941. Con il rientro in Italia maturarono scelte e incontri destinati ad avere un peso rilevante nella sua vita. Nell’autunno del 1938 fu ammesso al corso per allievo pilota della Regia Aeronautica e nel luglio 1939 ne divenne ufficiale di complemento.
Dopo una prima assegnazione alla base di Aviano (Udine), fu destinato al 9° stormo bombardieri di Viterbo e, poi, al 10° di stanza a Milano. In quello stesso periodo ebbe modo di frequentare, tramite i comuni interessi in campo sciistico e aviatorio, i figli di Benito Mussolini: Bruno, Vittorio e soprattutto Edda, moglie di Galeazzo Ciano. Con quest’ultima stabilì un sodalizio profondo, destinato con il tempo a trasformarsi in una relazione affettiva. L’ingresso in guerra lo colse a Benina, in Africa settentrionale, dove rimase fino al settembre 1940. Nella primavera del 1942, dopo un periodo di addestramento, fu trasferito al 41° gruppo aerosiluranti e con questo reparto prese parte alle battaglie di giugno e agosto 1942 intraprese dalla Regia Aeronautica per contrastare il traffico dei convogli britannici diretti all’isola di Malta. In queste occasioni il suo comportamento gli valse due medaglie d’argento e una croce al valor militare. Pucci rimase in servizio, usufruendo di alcuni periodi di licenza per malattia, fino all’estate del 1943, quando l’armistizio dell’8 settembre lo sorprese alla base di Gorizia.
Ottenuto un congedo di tre mesi per le sue precarie condizioni di salute rientrò a Firenze e, grazie a una Fiat Topolino balestra procuratagli dal padre, raggiunse Edda e fu al suo fianco nei tre mesi nei quali lei si adoperò per salvare il marito, Galezzo Ciano, accusato di alto tradimento dai vertici della Repubblica sociale italiana e giustiziato a Verona l’11 gennaio 1944. Tramontate le speranze di salvare Ciano, barattando con le autorità tedesche la cessione dei diari di quest’ultimo, aiutò Edda a espatriare in Svizzera. Al ritorno da questa missione, il 10 gennaio 1944 fu arrestato e condotto a Milano nel carcere di San Vittore, dove trascorse una settimana tra interrogatori e torture. Liberato grazie a intercessioni mai del tutto chiarite, il 19 dello stesso mese poté rifugiarsi in Svizzera e, ricoverato all’ospedale di Bellinzona, fu curato dalle sevizie subite durante la detenzione (duplice frattura cranica, perforazione del timpano e contusioni multiple). La permanenza nella Confederazione elvetica si protrasse fino all’estate 1946, ma una volta rientrato in Italia dovette prendere atto del dissesto del patrimonio familiare e della necessità di procurarsi rapidamente un’occupazione. Grazie ai rapporti di amicizia intrattenuti in anni precedenti con esponenti della famiglia Agnelli, ebbe inizialmente un posto come responsabile della stazione sciistica del Sestriere in Piemonte. Da qui si spostò nuovamente in Svizzera, a Zermatt, dove le sue doti di creatività e di stile ebbero un primo, importante riconoscimento.
Fu la fotografa americana Toni Frissel a documentare alcune sue creazioni di abbigliamento sportivo destinate al pubblico femminile. Le foto, pubblicate sul mensile Harper’s Bazaar nel dicembre del 1948 con un breve testo di accompagnamento, An Italian skier designs, che ne sottolineava l’originalità, riscossero un grande interesse e gli aprirono le porte del mercato americano attraverso contratti con catene commerciali quali White Stag e Lord & Taylor. Tornò a Firenze in cerca di migliore fortuna, interessandosi alla moda. Pucci elabora una nuova concezione di abbigliamento identificabile come “Sportswear” volto alla libertà del corpo tramite drappeggio del tessuto, forme semplici ed essenziali. In assoluto contrasto con gli stilisti della sua epoca, Pucci lavorava spinto dal desiderio di liberare le donne, concedendo loro una leggerezza nei movimenti senza precedenti. Oltre ad aver influenzato notevolmente la moda contemporanea, l’eredità di Pucci rappresenta ancora oggi uno dei momenti fondamentali dell’origine dello stile “made in Italy”. Fu al fianco di Giovanni Battista Giorgini, personaggio chiave per l’affermazione su scala internazionale di numerosi esponenti della moda italiana nel corso degli anni Cinquanta. A partire dalla prima sfilata fiorentina nell’abitazione di Giorgini (12-14 febbraio 1951), vero e proprio atto di nascita della moda italiana – poi trasferitasi nella celeberrima sala bianca degli appartamenti reali di Palazzo Pitti – per oltre quindici anni Pucci fu costantemente presente alle due manifestazioni annuali (invernale ed estiva) dell’Italian high fashion show che contribuirono non poco al suo successo internazionale.
Gli anni Cinquanta, che gli avevano riservato grandi soddisfazioni, si chiusero idealmente con il matrimonio con Cristina Nannini dalla quale ebbe due figli: Alessandro (1959-1998) e Laudomia (1961). Nel 1954 l’assegnazione del Neiman-Marcus Award, il più prestigioso riconoscimento americano nel campo della moda, lo consacrò come il sarto più in auge. Entrato nel mondo della politica, dal 1963 al 1972, ricoprendo la carica di Sottosegretario al Ministero dei Trasporti. Nel 1982 fu nominato Cavaliere del lavoro. Si spense a Firenze il 29 novembre 1992. Nel 1998, il figlio Alessandro, morì in un incidente stradale. Dopo la morte dello stilista – nel novembre 1992 – l’azienda viene ereditata da Laudomia Pucci. Fu un periodo in cui le stampe di Emilio tornarono alla ribalta. Riacceso nuovamente l’interesse a livello internazionale per il marchio. Nel 2000 il gruppo francese LVMH (Louis Vuitton), acquistò l’azienda, i diritti sul logo Emilio Pucci e sulle creazioni storiche rilanciando la griffe nel mercato internazionale. Dal 2001 l’archivio privato e i materiali (abiti, accessori, disegni e foto) accumulati in oltre quattro decenni di attività sono conservati a Firenze presso la Fondazione che porta il suo nome. Laudomia continua ad occuparsi dell’immagine complessiva della maison. (n. 1914)
1986: Cary Grant, nome d’arte di Archibald Alexander Leach, attore britannico. Era noto per il suo accento transatlantico, il suo comportamento disinvolto, il suo approccio leggero alla recitazione e il senso del tempismo comico. Inglese di nascita, ma trasferitosi negli Stati Uniti all’inizio degli anni venti, fu uno degli attori più brillanti e affascinanti di Hollywood, dotato di una naturale e raffinata eleganza, di una notevole prestanza fisica e di un sottile senso dell’ironia.
È stato attratto dal teatro in giovane età e ha iniziato a esibirsi con una troupe conosciuta come “The Penders” all’età di sei anni. All’età di 16 anni, è andato come performer teatrale con la Pender Troupe per un tour negli Stati Uniti. Dopo una serie di spettacoli di successo a New York City, ha deciso di rimanere lì. Stabilì un nome per se stesso a Vaudeville negli anni ’20 e visitò gli Stati Uniti prima di trasferirsi a Hollywood nei primi anni ’30. Ha recitato in un centinaio di film, in prevalenza commedie brillanti, non disdegnando però ruoli in pellicole sentimentali, drammatiche e in alcuni celebri thriller di Alfred Hitchcock, il quale ebbe a dichiarare che Cary Grant fu l’unico attore nella sua carriera che avesse veramente amato. Ian Fleming disse invece di essersi almeno in parte ispirato a Grant nel delineare il personaggio dell’agente segreto James Bond.
La vita sentimentale di Cary Grant fu molto movimentata, caratterizzata da ben cinque matrimoni. La prima moglie fu l’attrice Virginia Cherrill, con la quale restò sposato solo un anno, nel 1934; la seconda fu la miliardaria Barbara Hutton, che sposò nel 1942 e dalla quale divorziò nel 1945; sposò poi nel 1949 l’attrice Betsy Drake dalla quale divorziò nel 1962. Nel 1965 si unì in matrimonio con l’attrice Dyan Cannon, dalla quale ebbe la sua unica figlia, Jennifer, anche lei divenuta attrice; il matrimonio con la Cannon durò fino al 1968. La quinta e ultima moglie fu Barbara Jaynes, un’agente di pubbliche relazioni alberghiera britannica di 47 anni più giovane di lui, che sposò nel 1981. Per ammissione della stessa attrice italiana, negli anni sessanta Grant ebbe un flirt con Sophia Loren, all’epoca già sposata con il produttore Carlo Ponti.
Ha anche avuto una relazione con Maureen Donaldson dal 1973 al 1977. Si ritirò dalla recitazione cinematografica nel 1966 e perseguì numerosi interessi commerciali, rappresentando la ditta di cosmetici Fabergé e sedendosi nel consiglio di amministrazione della MGM. Cary Grant fu colto da malore mentre stava impartendo le ultime direttive al suo staff in previsione di una esibizione teatrale serale. In un primo momento non volle andare in ospedale, pensando che non si trattasse di nulla di grave ed evitando così di attrarre l’attenzione dei media. Tuttavia, dopo qualche ora e stante il visibile peggioramento delle sue condizioni, su insistenza della moglie Barbara fu ricoverato d’urgenza ma morì la sera stessa ictus.
Una delle stelle più ricche di Hollywood, Grant possedeva case a Beverly Hills, Malibu e Palm Springs. Era immacolato nella sua cura personale e Edith Head apprezzò la sua “meticolosa” attenzione ai dettagli e lo considerò avere il più grande senso della moda di qualsiasi attore con cui avesse lavorato. La sua immagine è stata meticolosamente elaborata sin dai primi giorni a Hollywood, dove spesso prendeva il sole ed evitava di essere fotografato mentre fumava, nonostante fumasse due pacchetti al giorno. Smise di fumare nei primi anni ’50 attraverso l’ ipnoterapia. Rimase attento alla salute, rimanendo molto snello e atletico anche nella sua carriera avanzata, anche se Grant ammise di “non aver mai storto un dito per mantenersi in forma“. Ha affermato di aver fatto “tutto con moderazione. Tranne fare l’amore“. Grant visse con l’attore Randolph Scott per 12 anni, che alcuni sostenevano fosse una relazione gay. I due si incontrarono all’inizio della carriera di Grant nel 1932, e da sempre smentita voci di una loro probabile relazione. (n. 1904)
1981: Natalie Wood, pseudonimo di Natal’ja Nikolaevna Zacharenko, attrice statunitense. La bellezza bruna e gli occhi magnetici, uniti alla capacità di interpretare il tipo di giovane donna inquieta e intensa, spesso soffocata dalle convenzioni sociali, la resero una delle attrici più interessanti della sua generazione. Natalie ebbe un’intensa carriera come attrice bambina. Fu però la sua interpretazione della bambina che non credeva in Babbo Natale nel classico natalizio Il miracolo della 34ª strada (1947) a darle notorietà internazionale. La transizione all’età adulta avvenne senza problemi e il grande successo giunse con Gioventù bruciata (1955), interpretato accanto a James Dean. L’anno successivo fu accanto a John Wayne per il western Sentieri selvaggi (1956). Ottenne dei grandi successi anche negli anni seguenti. Nei film La grande corsa e Penelope, la magnifica ladra (1966) di Arthur Hiller diede anche buone prove come cantante melodica. Dopo il 1966 l’attrice, allora al vertice della popolarità, ebbe qualche difficoltà a trovare ruoli adeguati pur mantenendo la propria vitalistica immagine, tanto che negli anni settanta diradò decisamente la sua presenza sulle scene cinematografiche. Tuttavia in televisione ottenne un grande successo nelle serie Da qui all’eternità (1979), in Un affare di cuore (1973) e in Cuore e batticuore (1979). 1957 la Wood sposò l’attore Robert Wagner, da cui divorziò nel 1962, senza aver avuto figli. In seguito, sposò lo scrittore e produttore Richard Gregson: da questo matrimonio, che durò dal 30 maggio 1969 al 1º aprile 1972, nacque nel 1970 la prima figlia della Wood, Natasha. Dopo il divorzio da Gregson, il 16 luglio 1972 l’attrice si risposò con Wagner, da cui ebbe questa volta una figlia, Courtney, nata nel 1974. Il terzo matrimonio durò fino alla tragica morte della Wood. L’attrice, all’epoca quarantatreenne, scomparve in circostanze misteriose, annegando al largo dell’isola di Santa Catalina dopo essere scesa nell’Oceano Pacifico con un gommone dal suo panfilo, sul quale si trovava insieme al marito Wagner e all’attore Christopher Walken. Sullo yacht era presente anche il comandante Dennis Davern. Sebbene si fosse parlato inizialmente di “triangolo scandaloso” tra lei e Walken, col quale stava recitando in Brainstorm – Generazione elettronica (uscito postumo nel 1983), le testimonianze di Walken e Wagner sull’incidente furono perfettamente coincidenti. (n. 1938)
1956: Fernando Farese, nome d’arte di Fernando Bonora, attore italiano. Inizia la lavorare come attore giovane generico in alcune compagnie della città, per passare negli anni 30 nella Compagnia di Romano Calò, alla fine degli anni 30 l’EIAR, lo scrittura come componente della Compagnia di prosa di Radio Roma, dove rimarrà per circa 20 anni, recitando in centinaia di commedie e radiodrammi, divenendo una delle voci più ricorrenti del periodo. Cugino dell’attrice e doppiatrice Nella Maria Bonora, con cui ebbe modo di lavorare spesso, sia in teatro che alla radio. Debutta nel cinema solo nel 1949, nella pellicola La mano della morta, dopo la quale sarà presente solo in altri 2 film. Muore dopo una grave malattia. (n. 1901)
1954: Sandro Ruffini, all’anagrafe Alessandro Ruffini, attore e doppiatore italiano. Fondò una propria compagnia. Fece parte della prima Compagnia di prosa radiofonica dell’EIAR, fu diretto da tutti i più grandi registi radiofonici dell’epoca. Nel 1953 è protagonista della serie ad episodi settimanali di Sherlock Holmes, nelle indagini dell’investigatore di Arthur Conan Doyle. Fu inoltre il protagonista delle serie radiofoniche Le avventure di Sherlock Holmes (1953) e prestò la sua voce ad alcuni documentario radiofonici. (n. 1889)
1936: Gianfranco Giachetti, è stato un attore italiano di teatro e cinema. Sale giovanissimo su palcoscenico di svariate compagnie filodrammatiche finché, nel 1914, recita nella compagnia di Ferruccio Benini, per passare nel alla fine del conflitto con la compagnia di Giovan Battista Bosio e dove inizia a farsi apprezzare in alcuni lavori goldoniani. Nel 1920 fonda una propria compagnia – la Ars Veneta – nella quale entrano e si formano importanti attori. Dotato di raffinata intelligenza e cultura, Giachetti riesce a mostrare i lati più oscuri e meno sentimentali che si celano dietro personaggi patetici e apparentemente innocui è considerato il vero capostipite di una genia di attori veneti che lavorarono con lui e che proseguirono, anche molti anni dopo la sua morte prematura, nel portare in scena lavori della tradizione del teatro veneto. Con l’avvento del sonoro inizia a lavorare per il cinema esordendo nel 1932 in Figaro e la sua gran giornata. e prosegue, sino alla morte prematura, ad essere protagonista di diversi film anche se non può essere considerato, a tutti gli effetti, un attore cinematografico. (n. 1888)
1925: Eduardo Scarpetta, è stato un attore e commediografo italiano. Fu il più importante attore e autore del teatro napoletano tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, capostipite della dinastia teatrale degli Scarpetta-De Filippo. Creò il teatro dialettale moderno, ancora oggi in uso, e si specializzò nell’adattare la lingua napoletana in moltissime pochade francesi; alcune delle sue commedie più celebri (tra cui ad esempio Miseria e nobiltà) furono però creazioni originali del suo repertorio. Nel 1909, deluso e amareggiato, si ritirò dalle scene Scarpetta sposò Rosa De Filippo, da cui ebbe due figli: Domenico (riconosciuto da Scarpetta ma probabilmente nato da una relazione della moglie con re Vittorio Emanuele II) e Vincenzo. Dalla relazione con la maestra di musica Francesca Giannetti ebbe Maria, che successivamente adottò. Dalla relazione con Luisa De Filippo, nipote della moglie Rosa, ebbe Eduardo, Peppino e Titina. Dalla relazione con Anna De Filippo, sorellastra di Rosa De Filippo, ebbe Ernesto Murolo, poeta, autore drammatico e musicista padre del famoso cantante napoletano Roberto Murolo; Eduardo (De Filippo) in arte Passarelli; Pasquale De Filippo. Morì all’età di 72 anni, e i suoi funerali furono imponenti: venne imbalsamato e deposto in una bara di cristallo; riposa nella cappella delle famiglie De Filippo, Scarpetta e Viviani a Napoli. Oltre al figlio Vincenzo, anche altri celebri attori napoletani, come i fratelli Aldo e Carlo Giuffré, recitarono le sue commedie brillanti. Sul grande schermo vennero ricavati diversi film dalle sue commedie. (n.1853)
Autore: Lynda Di Natale Fonte: wikipedia.org, treccani.it, emiliopucci.com, lvmh.it, web