Tag
22 luglio 1952 Firenze, A Star Tailor, Alta Moda a Castel Sant'Angelo, Alta moda in Italia, Anna Maria Ghislanzoni, Antonio Privitera, Astra Cinematografica, Beppe Modenese, Camera Nazionale della Moda Italiana, Canessa, Christian Dior, Consuelo Crespi, Dolores Francine Rhiney, Eliette von Karajan, Eloisa Cianni, Elsa Martinelli, Ferdinandi, Frederich, Ivy Nicholson, Janet Sprague, Jennifer Jones, Lilli Cerasoli, Loredana Pavone, Lucia Bosè, Luciana Angiolillo, Marta Marzotto, Maxxi, May Britt, mostra Bellissima, museo Maxxi, Oriana Fallaci, Sala Bianca, Sally Kirkland, Sete e Velluti, SIAM, Sindacato Italiano Alta Moda, Stazione Termini, Sylva Koscina, via del Babuino Roma, via Veneto Roma, Vincenzo Ferdinandi, Virna Lisi, Vittorio Gallo, Vogue USA
Vincenzo Ferdinandi, stilista italiano e tra i fondatori dell’Alta moda in Italia. Deve la notorietà grazie al taglio dei suoi apprezzati tailleurs oltre che a una rigorosa conoscenza sartoriale ereditata dalla secolare tradizione di famiglia di costumisti e sartoria presso la Corte Reale dei Borbone nel Regno di Napoli.
Vincenzo nato a Newark, nello Stato del New Jersey, il 29 novembre 1920 da Antonio ed Ernestina Roefaro; trasferiti negli Stati Uniti fin dagli inizi del secolo scorso e che avevano aperto a New York un negozio di abbigliamento con annessa sartoria. Sin da giovane, Vincenzo apprende i segreti di un mestiere, tramandato da più generazioni, e inizia il suo percorso fortunato nel mondo della moda.
A metà degli anni ’40 si trasferisce in Italia, paese d’origine dei nonni e, dopo aver trascorso un periodo nella sartoria di famiglia in via del Babuino a Roma, consolida e affina il suo stile nella sartoria di Fernanda Gattinoni.
È stato tra i primi grandi stilisti di alta moda a competere con i più blasonati couturier francesi in ambito internazionale. Nel 1949 va a Parigi chiamato da Christian Dior, conosciuto l’anno prima, per una collaborazione stilistica con la celebre maison francese.
Dopo quell’esperienza anche Londra lo chiama per la progettazione di una linea di calzature che porta a termine con estro e creatività tutta italiana. Nel ’51 a Londra, per il mercato inglese, sigla un contratto con la Clark & Morland Ltd, per una linea di stravaganti calzature, elemento accessorio cui il giovane sarto crede fermamente.
Torna in Italia e, Ferdinandi forte della esperienza parigina, apre un atelier haute couture in via Veneto proprio al centro della Dolce Vita. Sposa Annamaria Malpieri e ha tre figli: Antonello, Ferdinando e Patrizio.
“Riconosciuto innovatore già negli anni del dopoguerra, si afferma come uno dei fondatori dell’haute-couture in Italia alla quale imprime con il suo stile un’indiscussa traccia, meritando appieno l’appellativo di maestro del tailleur che gli ambienti della moda nazionale ed estera gli conferiscono”.
Mi sono cucito addosso una passione e l’ho trasformata in un mestiere. Hanno definito ogni mio tailleur “il Signor Tailleur”… Non so se è stato realmente così, so solo che ne ero infinitamente onorato.
Il suo stile era asciutto, privo di quei fronzoli tanto amati invece dall’amico e collega Emilio Schuberth con cui condivise un giovanissimo apprendista, Valentino Garavani.
Ferdinandi amava lo stile con misurato buon gusto e aveva una innata abilità nel taglio. La sola leziosità che aveva, come gesto scaramantico, era quello di cucire personalmente l’ultimo bottone del capo realizzato.
La donna ferdinandiana ideale era moderna e impegnata, per cui lui realizzava tailleur dalla vita sottile, le spalle prive di cuciture e imbottiture. Vincenzo Ferdinandi è fra gli importanti stilisti invitati dal nobile fiorentino Giovanni Battista Giorgini a sfilare il 22 luglio 1952 a Firenze per la prima storica sfilata nella famosa Sala Bianca a Palazzo Pitti insieme alla Sartoria Antonelli, l’atelier Carosa, Roberto Capucci, Giovannelli-Sciarra, Germana Marucelli, Polinober, la Sartoria Vanna, Jole Veneziani e sedici ditte di sportswear e boutique. La sfilata contribuì a confermare la nascita e la legittimità di una moda italiana contrapposta alla moda francese e dando il via a “quel pionieristico fermento creativo” ben descritto da una giovanissima Oriana Fallaci inviata a riportarne la cronaca dal settimanale Epoca.
A Palazzo Pitti nel 1952, sfidando le convenzioni dell’epoca, fece sfilare per primo su di una passerella internazionale di Alta Moda, una modella di colore, l’americana Dolores Francine Rhiney che gli costò polemiche e ostracismo.
Vestì Ingrid Bergman, Sandra Dee, Rhonda Fleming, la moglie di Sammy Davis jr. May Britt, Virna Lisi, Anna Magnani, Gina Lollobrigida, Sylva Koscina, Lucia Bosè, Ilaria Occhini, Elsa Martinelli, Marta Marzotto, Eloisa Cianni che fu Miss Italia nel 1952. La figlia di Gabriele D’Annunzio, Eva Adriana Renata, fu sua cliente affezionata.
Federico Fellini era solito recarsi nell’atelier Ferdinandi per “schiacciare un pisolino”: “Vincenzo hai il miglior divano di tutta Via Veneto“. Con Donald Sutherland era solito prendere l’aperitivo, mentre Anthony Quinn e Walter Chiari ogni tanto facevano capolino per dare un occhiata alle “novità” intendendo le modelle. – Antonello Ferdinandi –
Nel 1953, Vincenzo Ferdinandi, concorre a fondare il SIAM – Sindacato Italiano Alta Moda (diventato poi Camera Nazionale della Moda Italiana) -, in disaccordo con il fondatore dell’Alta Moda in Italia il nobile fiorentino Giovanni Battista Giorgini, insieme ad altri grandi nomi dell’epoca, tra cui: Emilio Schuberth, le sorelle Fontana, Alberto Fabiani, Jole Veneziani, Giovannelli-Sciarra, Mingolini-Gugenheim, Eleonora Garnett, Simonetta. I secessionisti, come vengono chiamati, sono gli stilisti romani che polemicamente fanno sfilare le loro creazioni nei propri atelier a Roma, due giorni prima delle sfilate di Palazzo Pitti a Firenze. Il cocktail/conferenza stampa per la fondazione del SIAM si tenne a Roma all’Open Gate di Rudy e Consuelo Crespi. Tra i partecipanti, un giovane Beppe Modenese che sarebbe poi divenuto presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana.
Nel luglio del 1954, insieme alle Sorelle Fontana, Emilio Schuberth, Giovannelli-Sciarra, Garnett e Mingolini-Gugenheim partecipa ad Alta Moda a Castel Sant’Angelo ambientato nella suggestiva cornice del celebre castello.

Stefanella Sciarra, Emilio Schuberth e Vincenzo Ferdinandi
In quella occasione fu premiata la statunitense Sally Kirkland, Fashion Editor di Life e di Vogue USA, per il suo ruolo di ambasciatrice della moda italiana negli Stati Uniti che ricevette l’onorificenza direttamente da Ferdinandi.
Jennifer Jones indossò un suo tailleur nel film Stazione Termini diretto da Vittorio De Sica, anche se nei titoli di coda i costumi vengono accreditati a Christian Dior.
Rimasi incantato dal suo portamento ricordava Ferdinandi, mi disse che voleva un mio tailleur che la facesse sentire a suo agio durante le riprese del film, ma ne aveva già uno di Dior che gli aveva fornito la produzione. Sottolineò che avrebbe però tranquillamente scelto il mio se le fosse piaciuto di più. E così fece.
Quell’anno Dior vinse l’Oscar per il miglior costume e, da vero gentiluomo gli confidò: “Vincenzo…. a bòn retour….“.
Lo stile asciutto e privo di ornamenti aggiuntivi, valse allo stilista, molti riconoscimenti. I tailleur impeccabili by Ferdinandi, lo fanno apprezzare molto anche all’estero. Negli anni sessanta il produttore di moda tedesco Frederich gli chiese di disegnare una linea prêt-à-porter, cui dà spessore e validità stilistica non indifferente.
Tailleur comodi da indossare ma sempre eleganti tanto da meritarsi l’appellativo coniato per lui da Vogue/USA di A Star Tailor, nel settembre del 1952, e numerosi servizi su riviste specializzate di moda e di settore tra cui Harper’s Bazaar e Marie Claire.
Le creazioni Ferdinandi sono state indossate da attrici e mannequins di quegli anni come: Virna Lisi, Sylva Koscina, Lucia Bosè, Luciana Angiolillo, Eloisa Cianni, Lilli Cerasoli, Jennifer Jones, Eliette von Karajan, May Britt, Ivy Nicholson, Janet Sprague, Loredana Pavone, Anna Maria Ghislanzoni, Marta Marzotto e una giovanissima Elsa Martinelli sono solo alcune.
Da giovanissima Elsa Martinelli accompagnava ogni giorno le sorelle maggiori che lavoravano per Ferdinandi. Se ne restava lì, con loro, fino a tarda sera, trascorrendo il tempo in un mondo tutto suo, fatto di sogni, tra tessuti, modelli e disegni. Elsa voleva fare la modella, non voleva altro che quei vestiti e salire sulla passerella. Ma era ancora troppo presto e mio nonno Antonio che aveva per lei un atteggiamento protettivo le diceva “sei troppo giovane”. Ma Elsa non vedeva l’ora di diventare una ragazza grande come tutte le altre. Un giorno, alla premiere di una collezione, una modella non si presentò e mio padre – contro i desideri di mio nonno – le permise di indossare quei vestiti e la catapultò letteralmente nell’enorme salone pieno di luci, esortandola con coraggio: “cammina altalenando così come deve fare una vera modella…. e tutto andrà bene”, finalmente lanciando la sua carriera. Fu un successo immediato perché la modella in provetta affascinò donne, compratori e giornalisti con la sua elegante postura. Fu proprio quell’esperienza che lasciò il posto a una lunga carriera trascorsa sulle passerelle di diversi atelier prima che, finalmente, arrivando al cinema, diventasse il suo mondo…

Elsa Martinelli nel 1955 con un abito della linea “Sfinge”
Al Festival della moda, tenutosi a Napoli nel ’54, si riconoscono a Vincenzo Ferdinandi anche i meriti per la creazione di cappelli – altro accessorio che lui stesso disegna e fa realizzare da Canessa – quali gli impeccabili “tamburelli” guarniti di visone o ciondoli neri e oro, le sue “pagodine” di velluto nero e le sue piccole “cloches” di feltro fumo di Londra.
Vittorio Gallo realizza per la Astra Cinematografica il docufilm Sete e Velluti sulla moda italiana degli anni ’50 colta negli ateliers romani delle case di moda Ferdinandi, Gattinoni e Garnett.
Ferdinandi è stato tra i primi ad intuire l’importanza degli accessori applicata alla moda – come borse, scarpe, cinture, profumi – marcata con una propria griffe.
Personaggio estroverso – nel pieno della Dolce vita capitolina è rimasta famosa una sua scommessa calcistica col pittore Antonio Privitera in occasione di un derby Lazio-Roma, persa la quale fece sfilare per la celebre strada undici mucche addobbate con mutandoni giallorossi.
Ferdinandi negli ultimi anni di vita si è dedicato anche alla pittura, con un suo stile basato tutto sui contrasti e i chiaro-scuri, con una tecnica a olio e ad acquerello.
Con l’inizio degli anni ‘60 Ferdinandi non sfilerà più, ma continuerà con l’attività del suo atelier e lavorerà come consulente per diverse industrie di abbigliamento in Italia e all’estero.
Nel 1963 decide di allontanarsi dal mondo delle grandi istituzioni di moda e con il successo del prêt-à-porter assume una posizione più defilata, pur creando abiti fino alla sua scomparsa avvenuta il 22 aprile 1990 a Roma.
Il suo percorso gli ha portato onorificenze e riconoscimenti: i suoi abiti da cerimonia sono stati indossati da molte donne dell’alta società italiana e internazionale. Molti altri sono stati i riconoscimenti conferiti alla sua arte e alla sua creatività nel corso di tutta la sua esistenza.
Nel 2014 il museo Maxxi di Roma all’interno della mostra Bellissima lo considera tra i pionieri della moda italiana.
aggiornato al 19 aprile 2020
Autore: Lynda Di Natale Fonte: wikipedia-org, patrimonio.archivioluce.com, https://ferdinandialtamoda.com/, web